Scope 3: come queste emissioni difficili da affrontare potrebbero rappresentare un elemento di svolta

Salma Kouay
Date19 Maggio 2022

La riduzione delle emissioni di carbonio è un obiettivo primario incluso nelle strategie ambientali di tutte le aziende e le organizzazioni. Per farlo in modo efficace è di cruciale importanza avere una comprensione approfondita delle emissioni di gas serra e della loro complessità.

A livello globale, il settore immobiliare è responsabile del 38% delle emissioni di CO₂, di cui il 28% proviene dalle attività degli edifici il 10% dai materiali edilizi e dalla costruzione. 

Nato dalla partnership tra il World Resources Institute (WRI) e il World Business Council for Sustainable Development (WBCSD), il GHG Protocol (Greenhouse Gas Protocol) classifica le emissioni in tre categorie distinte o “scope”: 

Scope 1: include le emissioni dirette di gas serra da fonti di proprietà  o controllate dall’azienda: caldaie, forni, veicoli, ecc.

Scope 2: include le emissioni di gas serra provenienti dalla produzione di elettricità, vapore, calore e raffreddamento acquistati o acquisiti per il consumo dall’azienda.

Scope 3: include tutte le emissioni indirette prodotte nella catena del valore di un’azienda come risultato delle sue attività. Ci sono 15 fattori di emissione, tra cui beni e servizi acquistati, viaggi di lavoro, spostamenti dei dipendenti, smaltimento dei rifiuti, trasporto, distribuzione e investimenti. 

Panoramica delle emissioni dirette e indirette secondo il GHG Protocol 

Secondo il GHG Protocol, la quantificazione delle emissioni di Scope 3 è raccomandata ma non obbligatoria. Queste tipologie di emissioni rappresentano spesso la quota maggiore dei gas serra di un’organizzazione e trascurarle significa perdere un‘opportunità significativa di miglioramento ambientale e di riduzione dei costi.

Quali sono i benefici del monitoraggio di Scope 3 per gli investitori?

Possedere una visione più chiara dell’impatto complessivo della propria attività renderà più facile individuare i miglioramenti più efficaci da implementare. Una solida strategia di Scope 3 aiuterà a identificare e conseguire riduzioni critiche nelle aree della catena del valore della vostra organizzazione che producono più emissioni, note anche come “hot spots”. Capire dove si trovano queste aree e dove risiedono le vulnerabilità ai rischi futuri è essenziale per aumentare la resilienza del proprio portafoglio. Affrontare le emissioni di Scope 3 richiede una chiara comprensione, governance e supervisione dell’intera catena del valore. 

Poiché alle aziende e ai governi viene sempre più richiesto non solo di essere trasparenti ma anche di dimostrare il loro impegno nel miglioramento dell’impatto sul clima, affrontare le emissioni di Scope 3 permette alle organizzazioni di rispondere alle crescenti richieste di rendicontazione da parte di investitori, partner e inquilini.  Per conseguire questo obiettivo, le organizzazioni devono disporre di informazioni accurate per prendere decisioni complesse basate sui dati.

Quali sono le sfide principali? 

Le emissioni di Scope 3 sono le emissioni più importanti e più impegnative da gestire poiché, nonostante esulino dal controllo diretto di un’organizzazione, rientrano comunque tra le sue responsabilità. Le sfide e le opportunità risiedono nell’implementare iniziative per ridurre le emissioni più impattanti. Tuttavia, si possono presentare alcuni ostacoli lungo il cammino.

Nelle regioni in cui opera l’azienda il mancato rispetto delle normative vigenti o previste per la riduzione delle emissioni di gas serra potrebbe esporre l’organizzazione a maggiori costi finanziari a breve termine e a sanzioni legali a medio-lungo termine. 

Più grande e complessa è l’organizzazione, più diversificate sono le fonti di emissione. Generare un impatto positivo richiede la gestione di una serie di variabili culturali, legislative e pratiche in competizione tra loro. Può richiedere altresì un compromesso tra le priorità: dalla schiavitù moderna allo smaltimento dei rifiuti o al cambiamento climatico, ci sono molte questioni da affrontare nelle catene del valore.


L’aspetto più complicato nella valutazione delle emissioni della catena del valore è il processo stesso di raccolta di dati che dipende spesso da un ampio numero di stakeholder, molti dei quali potrebbero non gestire i propri dati o non calcolare l’impronta di carbonio ( carbon footprint). E anche se lo fanno, l’affidabilità e il formato dei dati possono essere messi in discussione, dato che le disparità nelle emissioni riportate possono derivare da variazioni nella metodologia, nei dati impiegati per calcolare l’inventario e nella segnalazione dei rapporti di intensità o delle metriche di performance.

Le tre migliori pratiche raccomandate da Deepki 

Se l’applicazione di questo quadro può sembrare un compito scoraggiante, ecco alcune buone pratiche che possono aiutare a gestire il processo: 

  • Mettere in atto un approccio basato sullo screening. Quando le emissioni della catena del valore rappresentano almeno il 40% delle emissioni totali di gas serra, è preferibile ricorrere a dei metodi di inventario più dettagliati e definire un obiettivo effettivo di Scope 3. 
  • Scegliere di stabilire obiettivi multipli, specifici per ogni categoria di Scope 3. Questi possono essere stabiliti come obiettivi in termini di emissioni assolute o di intensità delle emissioni.
  • Il limite dell’obiettivo di Scope 3 dovrebbe coprire almeno due terzi delle emissioni totali di Scope 3. Se avete bisogno di maggiori informazioni, consultate il Science Based Target Manual ( in inglese)

Il passaggio più critico nella rendicontazione di Scope 3 è il processo di screening o la valutazione per identificare le categorie che sono più rilevanti. La rilevanza di ciascuna delle quindici categorie dipende dal settore. 

Emissioni Scope 3: sono rilevanti per il settore immobiliare? 

Nel settore immobiliare, la maggior parte delle emissioni complessive di carbonio incluse nello Scope 1 e 2 sono costituite da costruzione, manutenzione e consumo energetico costante degli immobili. Tuttavia, dovrebbero essere altrettanto presi in considerazione sia lo spreco di energia necessario per far funzionare un edificio, sia l’energia utilizzata per creare, mantenere e demolire un immobile.  

Le categorie di rendicontazione del GHG Protocol riguardanti il settore immobiliare sono le seguenti in ordine di importanza:

Categoria 2 – Beni strumentali: tutte le spese in conto capitale relative alle attività aziendali, escluse le spese operative. Una componente cruciale sarà il carbonio incorporato: emissioni principalmente legate all’estrazione, produzione, trasporto, assemblaggio, manutenzione, sostituzione e decostruzione. 

Categoria 1 – Beni e servizi acquistati: principalmente spese di gestione delle strutture, per appaltatori, avvocati e consulenti.

Categoria 13 – Beni immobili in locazione a terzi: emissioni da immobili in locazione ad altre organizzazioni nell’anno di riferimento, includenti l’uso di energia negli spazi in locazione.

Categoria 3 – Attività relative a combustibili ed energia (non incluse nello Scope 1 e 2): incluse le perdite di trasmissione e distribuzione di combustibili ed elettricità acquistati.

Categoria 15 – Rifiuti generati dalle operazioni: trattamento e smaltimento di rifiuti solidi e idrici da parte di terzi quali fornitori di servizi di raccolta dei rifiuti. 

Le emissioni di Scope 3 sono molto importanti ma sono spesso anche le più impegnative da affrontare. La maggior parte delle aziende si sono concentrate sulla riduzione delle emissioni sotto il loro diretto controllo operativo (Scope 1) e dall’acquisto del loro mix energetico (Scope 2).  Affrontare le emissioni di Scope 3 non solo aiuterebbe a preservare il budget di carbonio globale che sta rapidamente riducendo con un effetto diretto sul cambiamento climatico, ma può anche mitigare i rischi all’interno delle catene di valore, accelerare l’innovazione e la collaborazione, nonché rafforzare la reputazione di un’organizzazione.